Storie di Remo, l’incredibile George
XXI puntata
George aveva appena lasciato Vico e sfrecciava con la sua moto verso Sorrento.
Si era fatta mezzanotte e nella sua mente pensava a come giustificare tutto quel tempo impiegato per accompagnare Ida. Se avesse trovata ancora sveglia la moglie Rosita, avrebbe detto di essersi intrattenuto al circoletto per una partita a carte con gli amici, mentre in realtà aveva fatto sesso con la migliore amica di lei. Nel cuore di quel marito traditore montava il rimorso per la moglie, madre affettuosa ed onesta lavoratrice che divideva la sua vita tra la famiglia ed il negozio di “ Compraoro “. George giunse a casa ed entrò senza far rumore, passando dinanzi alla cameretta, si accorse che i due lettini dei ragazzi erano intatti. Fece capolino nell’altra camera e li vide serenamente addormentati accanto alla mamma. Anche lei dormiva tranquilla; girata sul fianco verso i bambini aveva il braccio poggiato su di loro, quasi a volerne proteggere il riposo. George si fermò sulla porta di fronte a quella scena tanto tenera, ma ad un tratto a quella visione si sovrapposero le scene convulse di quello che aveva fatto con Ida . Il suo cuore fu inquietato da un terribile rimorso; Indietreggiò lentamente in silenzio e si andò a distendere sul letto vuoto nella camera accanto. Non si spogliò neanche e se qualcuno avesse acceso in quel momento la luce, avrebbe visto davanti a sé un uomo affranto piombato in una tremenda amarezza.
La sua anima era in tumulto, cosicché egli indugiò in quella posizione senza riuscire ad addormentarsi. Contrapponeva i rimorsi che mortificavano il suo cuore pieno di dolore alla serenità della moglie che riposava nella stanza affianco insieme ai bambini. Rimase immobile per più di un ora ,poi si alzò in silenzio e uscito di casa, si incamminò a piedi verso il mare. Raggiunse la spiaggia e con la mente appesantita dai suoi pensieri si trascinò verso il bagnasciuga. Sedette sulla sabbia e si distese su un fianco guardando la scia luminosa della luna sull’acqua. Il silenzio della notte era sopra di lui, buio e misterioso, quando si rialzò lasciando vagare lo sguardo verso l’oscurità intensa dell’orizzonte.
Laggiù, da quelle tenebre impenetrabili vide emergere verso di lui i fotogrammi della sua vita.
Cari lettori, questo lungo racconto sta per terminare ed io voglio ultimarlo prendendo indegnamente in prestito un frammento di un famoso romanzo.
Ne è stato l’autore colui che insieme ad Alessandro Manzoni e Dante Alighieri, ha alimentato da sempre la mia creatività letteraria.
Si tratta di Victor Hugo, che in una scena del suo capolavoro “LES MISERABLES” racconta della conversione di “Jean Valjean”.
Questi fu catturato nella notte dai gendarmi, mentre nascondeva sotto la camicia i candelieri d’argento rubati al vescovo che lo aveva ospitato nella sua casa. Le guardie tenendolo ammanettato lo trascinarono dal prelato.
Questi, apparso sull’uscio in camicia da notte con in mano una lanterna, si mostrò angosciato di fronte a quella scena.
“Eccellenza, costui ci ha detto che questi candelieri d’argento che nascondeva sotto la camicia glieli avete regalati voi”- dissero i gendarmi. Il vescovo a quelle parole non mostrò alcuna sorpresa e prontamente esclamò!
“Si, è questa la verità! Li ho donati io a questo signore ,ma voi perché lo tenete legato, lasciatelo libero per carità!”
Valjean incredulo ed ancora impaurito andò via; vagò nelle ombre della notte tra le vie di
Digne per lungo tempo. Ad un tratto si fermò tra gli alberi e ,pensando a quello che aveva fatto, cadde in ginocchio scosso da tremendi singhiozzi. La similitudine tra questo personaggio di quel grande romanzo e il nostro George mi è sembrato un modo emozionante per terminare questo racconto. Come Valjean si pente profondamente, tramutando in bontà il suo malessere interiore di delinquente, così George quella notte trova la forza di abbandonare definitivamente la cattiva strada.
Lo fa soprattutto perché umiliato dalla visione della moglie Rosita che riposa serenamente abbracciata ai suoi figli ,senza aver nutrito neppure un sospetto su di lui che invece non aveva esitato a tradirla con la sua migliore amica. Quando George cade ,come Jean Valjean in ginocchio tra le tenebre ,sente dentro di se’ tutto il terribile bruciore del suo rimorso .
Il Signore però ne ha pietà e lascia che le sue lacrime vengano asciugate dalle mani di di Rosita e dei suoi figli.
Egli piange a lungo, a singhiozzi e ,proprio come Jean Valijean ottiene finalmente la completa guarigione.
Il suo mr. Hyde fuoriesce dal suo corpo con un tremendo vomito che svuota le sue viscere contaminate dalla lussuria.
Albeggia ormai, quando George rientra a casa; Rosita dorme ancora e lui la guarda con tenerezza, poi si corica nell’altra camera e finalmente si addormenta in un sonno profondo. Per molto tempo non li vidi più George, poi seppi da un altro mio collega che era cambiato completamente e non andava più dagli antiquari a vendere i monili borbonici.
Ormai questi oggetti erano passati di moda e i compraoro ormai non li ritiravano nei loro acquisti , perché non c’era più interesse da parte di nessuno. Passarono i mesi e poi gli anni ,fino a che un giorno, mentre ero diretto a Napoli, sull’autostrada, all’altezza di Pompei sorpassai un auto e mi accorsi che al volante c’era lui .
Mi riconobbe e ci fermammo al motel dell’autostrada.
Appena sceso dall’auto si avvicinò e mi guardò con un pacato sorriso; ci abbracciammo affettuosamente, poi io lo guardai negli occhi e mi accorsi che lo sguardo sembrava di un ‘altra persona.
Non aveva più quell’aria stressata di una volta, quando sembrava sempre all’inseguimento ansioso degli affari .
Ora si mostrava sereno e la sua voce era cambiata del tutto. Quel vecchio tono enfatico aveva lasciato il posto ad una
pacata rilassatezza .
Gli chiesi:
“Come stai ?“
“Bene”rispose
“Vivo serenamente con la mia famiglia. Finalmente sono diventato un buon marito ed un buon padre.”
Gli dissi che spesso pensavo a tutto quello che mi aveva raccontato e aggiunsi che mi ero messo a scrivere. Poi ,assumendo un tono scherzoso ,soggiunsi:
“Se un giorno dovessi raccontare la tua storia come posso chiuderla alla fine”. Rispose senza esitare:
“Scrivi la verità. La verità rende l’uomo libero e se questi è uno scrittore come te,rende le sue storie credibili ed emozionanti .”
Ed è questo l’insegnamento che ho tratto da questa vicenda.
La verità di George è quella di un uomo nato con la frenesia del sesso oltre misura ,che alla fine è riuscito a curare la sua perenne insoddisfazione con l’amore della famiglia.
Questo sentimento va oltre la vita e rimane impresso nel cuore e nei racconti di coloro che restano.Di ognuno di noi quaggiù resterà solo il ricordo e le piccole cose.
“ L’INCREDIBILE GEORGE” finisce qui, ma il mio
“Pentamerone” (raccolta di cinque narrazioni) prosegue con un racconto vissuto in un momento drammatico della storia italiana:
la cattura di Benito Mussolini effettuata dai partigiani a Dongo nel 1945.
Tra quelli che fermarono il Duce e lo arrestarono c’era una donna, ricomparsa poi sulla scena a Milano negli anni 50.
Si chiamava Valeria ed ebbe a che fare con un dei gioielli racchiusi in un sacchetto di carta di caffè di orzo.
Si trovavano insieme ad altre cose di valore, nel tesoretto sequestrato al dittatore in fuga verso la Svizzera.
Erano forse quelli di Claretta Petracci? Lo scopriremo nel prossimo avvincente racconto che vedrà la prima puntata pubblicata nel nostro consueto appuntamento del lunedì.
Camily Bosch





